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Un gruppo di psicologi e psichiatri dell'Università di Zagabria e del Dipartimento di Salute Mentale del Quartier Generale dei Corpi Medici dell'esercito croato ha deciso di mettere le proprie conoscenze, osservazioni e competenze al servizio dei cittadini per rispondere all'esigenza di capire, per meglio affrontare i guasti psichici riscontrati nelle molteplici esperienze - altamente traumatiche - della guerra che li coinvolge.
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Un gruppo di psicologi e psichiatri dell'Università di Zagabria e del Dipartimento di Salute Mentale del Quartier Generale dei Corpi Medici dell'esercito croato ha deciso di mettere le proprie conoscenze, osservazioni e competenze al servizio dei cittadini per rispondere all'esigenza di capire, per meglio affrontare i guasti psichici riscontrati nelle molteplici esperienze - altamente traumatiche - della guerra che li coinvolge. Tentativo d'aiuto, dunque, alle popolazioni e alle loro istituzioni militari e civili impegnate in una terribile guerra, ma anche grido d'invocazione rivolto al mondo intero. Fin dall'inizio si coglie lo sforzo assiduo e sistematico di integrare in un sistema sensato l'esperienza reale della guerra, insostenibile perché devasta la mente nella sua brutale insensatezza. Difficilmente contenibile è l'angoscia provata leggendo queste pagine, scritte a pochi chilometri da noi, dove si continua a morire, costretti a combattere per difendere la vita e l'identità propria, dei propri cari e del popolo d'appartenenza. E angoscioso è il pensiero che, forse, qualcuno dei ventisette autori non è più vivo mentre ci giunge la testimonianza del suo sforzo di comprendere e di aiutare. Doverosa è una riflessione sull'infamità assoluta della guerra. L'impostazione dei trentaquattro articoli tende a essere rigorosamente scientifica: descrittiva ed esplicativa, attenta ai risvolti pratici. Spazia dall'osservazione del comportamento della gente in guerra (individui e gruppi), alla reazione allo stress da combattimento; dalle tossicodipendenze (alcolismo soprattutto), al trattamento psicologico del soldato ferito; dai disturbi mentali dei prigionieri a quelli dei profughi, adulti e bambini; dalle professioni particolarmente rischiose, al terribile problema del "cittadino sospetto" (che, trattandosi d'una guerra civile, può essere, ed è, chiunque, senza alcun motivo obiettivabile), costretto, come chi lo circonda, a vivere senza scampo in un clima paranoico e persecutorio; dalla necessità, difficoltà e specificità d'organizzare servizi di psicoterapia in tempo di guerra, a come dov'essere fatta un'adeguata preparazione psicologica al combattimento, cosa indispensabile, poiché la capacità di combattere è, alla lettera, questione di vita o di morte, propria e altrui. Alcuni capitoli sarebbero sconcertanti se non si tenesse presente che gli autori si trovano direttamente impegnati in una guerra difensiva contro invasori fino a poco prima spesso conosciuti personalmente. Si potrà allora con maggiore benevolenza tollerare e capire l'uso difensivo di modalità di tipo "paranoideo" nella descrizione di alcuni eventi (per esempio: il nemico è sempre reso anonimo e disumanizzato e "i nostri" troppo spesso, anche se non sempre, sono presentati come buoni e generosi; viene, purtroppo giustamente, evidenziato che è necessario che l'attività bellica dei "nostri" sia efficace, mentre quella del nemico, se efficace, è descritta come infame); così assistiamo talvolta a un uso macroscopicamente difensivo perfino di interpretazioni psicoanalitiche (i feriti avrebbero paura di essere nuovamente feriti a causa di conflitti edipici endogeni, e non per l'esperienza reale diretta). Documento della guerra più che non sulla guerra, il libro presenta un grande interesse come testimonianza dell'insopprimibile necessità (realizzata nella rapida stesura, nell'ampia divulgazione e nell'immediata traduzione del libro in inglese - la lingua del resto del mondo) che la mente ha di farsi "contenere" da altri nell'insostenibile compito di pensare un impensabile qual è la guerra.
Autore | Klain Eduard |
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