ISSN: 1974-5818
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...L'Italia ha avuto verso le genti zingare nel corso degli anni vari atteggiamenti, a volte di accoglienza ma per la maggior parte persecutori a seconda degli Stati, che con l'Unità d'Italia hanno trovato un loro andamento "univoco".
Il fenomeno del vagabondaggio, dell'accattonaggio e della mendicità viene affrontato, all'indomani dell'Unità d'Italia in relazione alla pericolosità sociale e, pertanto, come problema di pubblica sicurezza.
Lo Stato italiano di fronte a tali categorie di poveri non si poneva il problema del soccorso quanto quello di disciplinare, attraverso la via legislativa e amministrativa, il funzionamento dell'assistenza e quindi delle opere pie nonché del controllo...
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Se il progresso è il piano inclinato su cui la storia moderna fa scivolare gli avvenimenti, il fenomeno della migrazione sembra essere l’attrito del reale che ne impedisce un ‘ideale’ scorrimento. Chi abita comodamente la visione del progresso difficilmente dismette i panni di un immaginario sul migrante che gli fa da perfetto pendant, ovvero di colui che minaccia il benessere raggiunto attraverso il suo apporto di pericolosità sociale, di concorrenza scorretta sul lavoro e di ibridazione culturale.
A questa scivolante visione resistono le prove di sofferenza sovrumana e le morti innumerabili dei migranti. Le notizie a riguardo, per quanto parziali, testimoniano una verità diversa, un’origine dei problemi che va al di là di facili spiegazioni: non possono essere le meraviglie del progresso e la speranza di una vita migliore, gli argomenti risolutori di questi fenomeni. La storia stessa del rapporto tra progresso e migrazione, per esempio, ci invita a capovolgere il punto di vista.
Si pensi alla tratta degli schiavi africani avviata dalla fine del Quattrocento verso le Americhe (ricostruita dallo storico britannico Hugh Thomas nel suo capolavoro The Slave Trade. The History of Atlantic Slave trade 1440-1870), a quanta parte questa deportazione forzata abbia avuto nella crescita della prima rivoluzione industriale, attraverso l’accumulazione dei capitali ad essa necessari.
E forse si deve andare ancora oltre e cominciare a pensare che i primi ‘forzati del progresso’ non siano stati tanto i popoli della costa atlantica dell’Africa quanto, piuttosto, i cosiddetti occidentali. Coloro che hanno pensato la modernità come luogo supremaziale di affermazione identitaria e conseguentemente di discriminazione ‘trascendentale’ dell’altro, differente per cultura, religione, etnia. Una forzatura della coscienza che attraverso la ‘politica del panico’ tradisce il suo fine ‘strutturale’ di perseguire lo straniero indigente e senza diritti con dispositivi e procedure che vanno spesso ben oltre la soglia ‘umana’ del diritto (Iain Chambers,
Esercizi di potere, 2006).
Per questo, in continuità con il numero precedente sul ‘progresso’, abbiamo voluto offrire cifre, date e narrare episodi che contribuiscano nel segno di Leussein a orientare altrimenti lo sguardo, lì dove la storiografia ufficiale è parsa più miope: verso gli zingari e i migranti in genere.
Nella sezione “Inediti e rari”, infatti, pubblichiamo anche un inedito del luglio del 1908 nel quale un delegato di pubblica sicurezza di Castrocaro riassume una serie di pregiudizi nei confronti degli Zingari, a conferma del carattere secolare delle difficoltà connesse alle politiche di integrazione.
Il raro è costituito, invece, dal dattiloscritto del Segretario particolare di Alcide De Gasperi, che riporta gli interventi finali in occasione dell’approvazione della Costituzione nel dicembre 1947. È il nostro modo di ricordare il Sessantesimo dell’entrata in vigore del documento fondamentale della Repubblica.
Altezza | 24 |
Larghezza | 17 |
Autore | Associazione culturale «Leussô» |
Pagine | 212 |
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