ISSN: 1974-5818
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“L’idea di progresso del genere umano nella storia è inseparabile dall’idea che la storia proceda percorrendo un tempo omogeneo e vuoto. La critica all’idea di tale procedere deve costituire il fondamento della critica all’idea stessa di progresso”, sono queste ultime righe della XIII tesi Sul concetto di storia di Walter Benjamin a delineare l’orizzonte entro cui si incammina il secondo numero di ‘Leússein’...
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...Il ‘procedere in un tempo omogeneo e vuoto’ sembra il presupposto non solo di una errata concezione della storia, ma anche di una intera cultura, quella occidentale, che ha basato il suo metodo di conoscenza su una percezione visiva teorizzata nell’antica Grecia: apprendere e sottrarre, dedurre e indurre per raggiungere l’essenza, la sostanza di ciò che è visto. L’etimo del termine idea, d’altra parte e come è noto, proviene dal perfetto irregolare di orao, quell’oida che significa propriamente: “in questo momento mi trovo nella situazione di qualcuno che ha visto” [J. Brunschwig, Il sapere greco, Torino, 2005, p. 92]. Criticare l’idea di progresso, pertanto, dovrebbe implicare non solo analizzare kantianamente le condizioni di possibilità preposte da una particolare idea di storia, ma anche provocare un giudizio sul costituirsi stesso di idea, mettendone a fuoco il percorso formativo: che porta all’universale depersonalizzandosi (‘qualcuno che ha visto’); che si absolve, in quanto sapere ‘rivelato’, dal confronto con il presente e con l’altro; che tende a imporsi erga omnes, ovvero oltre il proprio ambito culturale; che supera la contraddizione di essere un’espressione locale per vie di fatto (ovvero con la forza).
Attraversare, invece, ‘un tempo pieno e discontinuo’, percorrere la storia contropelo nel senso indicato da Benjamin, è piuttosto azione di decentramento e di dislocazione dalla propria situazione originaria e identitaria, prima ancora che l’altro, da straniero ad avversario politico, chieda affabilità e visibilità nel senso ambivalente dei termini.
Sotto questa insegna, abbiamo ritenuto opportuno pubblicare l’inedito Lemmario politico di Cesare Gallotti, controrivoluzionario dell’ottocento, esperto magistrato e amministratore di Corti penali, che avverte come socialmente pericolosa e istuzionalmente dirompente l’opera di innovazione linguistica operata dalla Rivoluzione francese, da cui pure all’inizio della sua carriera si era lasciato ‘incantare’.
Anche il raro di Eugenio Garin, per la prima volta tradotto in italiano, tratta della crisi della Weltanschauung progressista e positivista di fine ‘800, ma senza indulgere nella retorica del “nichilismo”, perché la crisi dell’idea di progresso non necessariamente deve concludere nelle ideologie reazionarie sottese a tanta parte della “cultura della crisi”.
Altezza | 24 |
Larghezza | 17 |
Autore | Associazione culturale «Leussô» |
Pagine | 208 |
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