I Poeti Intuitisti - Les Poètes Intuitistes
Collana fondata e diretta da Giovani Dotoli e Mario Selvaggio
La nascita di una collana è operazione complessa, con un alto margine di rischio. Sa più di un‟avventura e di una scommessa, pur essendo un‟altissima operazione culturale. Soprattutto in questi tempi di crisi, che colpiscono ogni settore, in...
I Poeti Intuitisti - Les Poètes Intuitistes
Collana fondata e diretta da Giovani Dotoli e Mario Selvaggio
La nascita di una collana è operazione complessa, con un alto margine di rischio. Sa più di un‟avventura e di una scommessa, pur essendo un‟altissima operazione culturale. Soprattutto in questi tempi di crisi, che colpiscono ogni settore, in particolare la cultura, e tutto ciò che questa parola sottende. Si aggiunga che vi è di tutta evidenza una perdurante crisi del libro, in particolare di quello cartaceo. Le statistiche ci dicono che si legge sempre meno. Ogni italiano leggerebbe tra mezzo libro, la maggior parte, e un libro intero allanno. Sul piano europeo e mondiale abbiamo il triste primato di essere tra gli ultimi in materia di lettura.
Si aggiunga poi che io e Mario Selvaggio lanciamo qui il progetto di una collana di poesia, per giunta specifica, su una ti- pologia di poesia, quella dell‟Intuitismo. Ed è noto, la poesia, in Italia, in Francia e nel mondo, è il settore della letteratura meno letto. Non dicevano i Latini: Carmina non dant pane?, vale a dire: “Le poesie non danno pane”?
Ricordo un autorevole esponente politico che affermava non molto tempo fa: “la cultura non dà da mangiare”, e quindi la- sciamola al suo corso, abbiamo altro cui pensare, l‟economia, il lavoro, la disoccupazione, l‟urbanesimo, l‟ecologia. Come se cultura ed economia non fossero strettamente collegate.
“Eppur si muove”, pare abbia detto il grande Galilei, uomo di scienza e di letteratura.
Sì, la poesia si muove, a 360 gradi, al centro della cultura, e della letteratura. È l‟unica forma di espressione umana, un po‟ come l‟arte e la musica, che è un vero linguaggio universale – lo dice a chiare lettere Roman Jakobson –, che lascia il segno anche quando è in una lingua che non capiamo, con i suoi suoni, le sue atmosfere, le sue intonazioni, i suoi canti, i sogni che genera.
Noi, io e Mario Selvaggio, siamo tra coloro che credono fortemente nell‟azione sognante e formativa della poesia.
Una sola prova. Domandiamoci: perché popoli di cultura orale, contadini di povere terre, artigiani la cui arte è tutta nelle loro mani, ricordino per tutta la vita passi di opere celebri, cantino testi popolari ancestrali, mettano insieme musica e poesia, come in un canto laboratorio?
Ed anche una seconda prova. Perché la dura fatica dei cam- pi, nelle assolate terre della provincia in cui siamo ambedue nati, quella di Foggia, con il suo Tavoliere, granaio d‟Italia – si diceva un tempo –, era ed è lenita solo dalle dolci parole di una canzone poetica senza tempo, che viene da molto lontano, tramandata di generazione in generazione?
La parola poetica, con le sue arcane modulazioni, dà un sen- so alla vita, certamente più delle magie dei numeri dell‟econo- mia. E noi del Sud dell‟Europa lo sappiamo bene, come lo sanno tutte le comunità povere, di tutti i Sud del mondo, che tanta parte del globo ricoprono.
Si spiega così anche l‟asse poesia-musica-danza, in taluni contesti come quelli africani.
Questa collana di “Poeti intuitisti” vuole essere dunque un atto di fiducia e di speranza, e anche una certezza. Abbiamo bisogno di poesia come il pane, soprattutto oggi, epoca di mondializzazione e di mercificazione, di rotte in tempo reale e di sogni non proprio ben visti.
Buona ventura allora a questa impresa editoriale, a questo progetto culturale, che ha la fortuna di poggiarsi sull‟energia e la competenza del mio allievo Mario Selvaggio, e, senza pecca- re di immodestia, sull‟esperienza consolidata della mia vita di ricercatore e di poeta bilingue.
Ma perché dedicare questo nuovo ardito progetto ai cosiddetti “Poeti intuitisti”? Non basta dire che Ma- rio Selvaggio sia ormai il massimo studioso dell‟Intuitismo francese, e che io stesso faccia capo a questo ismo.
La questione è molto più complessa e profonda.
Ho appena pubblicato in Francia, nella mia collana “Vertige de la langue”, per i tipi dell‟editore Hermann, un volume intitolato: XXe-XXIe siècles. Avant-garde, tradition, intuition. Il titolo di questo libro già spiega tutto del nostro progetto. Vi sostengo la tesi che, dall‟inizio del XX secolo ai nostri giorni, modernità, avanguardia e tradizione siano inseparabili, sotto il segno dell‟intuizione riscoperta da Henri Bergson e da Gaston Bachelard.
Tutta la poesia degli ultimi centodieci anni viaggia sul senso del tempo della storia. L‟autolegittimazione del Nuovo neces- sita della lezione del passato. Perfino l‟avanguardia estrema cerca i suoi riferimenti in una origine lontana. Tradizione e innovazione convivono. E lo fanno e possono farlo soltanto grazie alla forza dell‟intuizione, che tutto unisce e lancia verso il domani.
Per questo sostengo che le scienze umane e le scienze esatte abbiano la stessa origine: l‟intuizione. E che sono dunque in- separabili, come dimostrano Aristotele, Plinio, Dante Alighieri, Leonardo da Vinci, Blaise Pascal, Charles Cros, gli scrittori matematici dell‟Oulipo francese, solo per fare qualche nome.
I poeti intuitisti ci ricordano ad ogni istante che l‟arte è sin- tetica, che tradizione e innovazione viaggiano insieme, che il soggetto – l‟io, cioè io stesso e l‟altro – sono il centro della poesia, che esiste un meraviglioso umanesimo del reale, che il tempo della poesia è quello dell‟istante, con lo sguardo sem- pre rivolto in avanti.
Basta leggere il manifesto L’Esprit nouveau et les poètes (1918) di Guillaume Apollinaire, per rendersene conto, e per- fino un poeta della distruzione linguistica come Filippo Tom- maso Marinetti – per esempio il suo manifesto Noi rinne- ghiamo i nostri maestri simbolisti, ultimi amanti della luna (1911).
Ha ragione Henri Bergson, quando afferma: «Risaliamo verso l‟intuizione semplice o tutt‟al più verso l‟immagine che la traduce». Arthur Schopenhauer aveva già detto: «Ogni nuova verità è l‟esplosione di una intuizione». La filosofia, la scienza, la letteratura, l‟arte, la bellezza, l‟immaginazione, la vita stessa, vedono al centro il processo intuitivo. Wassily Kandinsky e Pablo Picasso lo affermano e lo applicano a chiare lettere.
L‟intuizione è la garanzia del nostro rapporto con il mondo. Intuizione è sentimento della verità. Ben dice Gaston Bachelard che «la poesia è una metafisica istantanea. In un piccolo poema, deve presentare una visione dell‟universo e il se- greto di un‟anima, un essere umano e degli oggetti, contemporaneamente».
La logica dell‟intuizione è quella dello sguardo infinito, dell‟apertura, della fiducia. L‟intuizione non è una percezione della conoscenza, ma la conoscenza stessa, senza naturalmente mai annullare o mettere da parte la ragione.
L‟intuizione è la forza interiore dell'animo. Se la collochia- mo al centro del processo umano, riusciamo a comprendere l‟impossibile, Sigmund Freud e G. W. Friedrich Hegel, Karl Marx ed Edmund Husserl, Gilles Deleuze e Gaston Bachelard, e l‟intera storia della poesia, fino al XX e al XXI secolo.
È quindi naturale comprendere perché noi abbiamo fiducia nella poesia intuitista e dell‟intuizione del suo primo profeta, Éric Sivry.
Abbiamo così lanciato un appello per una collana di poeti intuitisti, a tutti i poeti intuitisti di nostra conoscenza. La risposta è stata meravigliosa, come se ogni poeta si riconoscesse perfettamente nel nostro grido progettuale.
Qualche anno fa, ho avuto l‟idea di una antologia della poesia intuitista di Michel Bénard e Jacques-François Dussottier, nella mia collana “Poesia e Racconto”, per i tipi di Schena Editore, poi uscita con il titolo significativo La Noria de la Mémoire.
Ecco la parola chiave: la memoria.
In questi frammenti lirici scorgo, in nuce, il messaggio più profondo che alberga nel Gruppo intuitista: trascendere il reale, grazie all‟afflato mistico che dimora nell‟Intuizione creatrice; solo così il verbo poetico delle origini potrà interiorizzarsi, attualizzarsi, spogliarsi dei fronzoli, e farsi portavoce dell‟umana desolazione.
Leggere la poesia di Camille Aubaude è come lasciare il tempo o-dierno che stringe il cuore. Una poesia nuova e antica, che quasi racco-glie lřinvito al viaggio di Guillaume Apollinaire e di Jean Cocteau: che il verso si snodi sempre fra tradizione e innovazione, fra i miti ancestrali e le rovine del tempo odierno.
L’impercettibile dolcezza della linea dell’orizzonte ci conduce «jusqu’au bord des talus de soleil». La poesia qui abbandona le stanche rotte ontologiche di romantica memoria, e torna alla testualità della natura. Natura-testo, natura-tessitura, natura-rete di ritorno all’antico.
Il testo s’invola come rondine, sulla rotta della schiuma del verso-riga, rimirandosi nello specchio dei giorni. Dussottier definisce il suo poema un «vagabondo dello spazio / e del tempo abolito, / allo slancio dei miei sogni sfumati». Egli convoca al suo convito tutti i poeti della modernità, da Arthur Rimbaud in avanti, anche i «poeti di strada»,...
La poesia di Maggy De Coster è una poesia della presenza, un invito alla partecipazione, negli atti e nelle parole, contro la solitudine, la tirannia, la cattiva economia, l’ingiusto sfruttamento, la colonizzazione e la globalizzazione selvaggia...
È certo giunto il momento di risemantizzare l’esclusione insita...
Novecento, metà degli anni Ottanta. Uno studente di medicina con la...
Il volume tenta di recuperare l'ordito entro cui il rapporto tra...
Questo libro si rivolge a tutti coloro che entrano in contatto con il...